Più che differenza, è più preciso parlare di una condivisione di origini: infatti diversi approcci psicoterapeutici sono stati influenzati dalla nuova prospettiva sistemica che caratterizzò soprattutto la seconda parte del XX secolo, periodo in cui venne sistematizzato anche l’approccio strategico. Di conseguenza è più corretto parlare di un approccio strategico che utilizza anche un prospettiva sistemica, di matrice batesoniana, in cui vengono applicati i principi della Cibernetica, della Teoria dei Sistemi e dell’Ecologia della Mente e il sintomo non viene letto più in termini causalistici nel binomio causa-effetto ma nel “come” viene alimentato dal o dai sistemi di riferimento in cui agisce e interagisce la persona. Diverse terapie sistemico-familiari fanno riferimento a questa prospettiva, quindi in analogia con le psicoterapie strategicamente orientate, che, comunque, utilizzano anche altri costrutti epistemologici come il lavoro pionieristico di Milton Erickson nell’ipnosi e le teorie di altri autori, determinando alcune differenze di intervento rispetto alla terapia sistemico-familiare . Occorre precisare che ci sono terapie sistemico-familiari che utilizzano altre epistemologie comequella psicodinamica. Queste si possono differenziare nettamente dall’approccio strategico, come costrutti epistemologici utilizzati.
Si, ci si può iscrivere alla Scuola se si raggiunge l’abilitazione alla professione nei primi termini utili del primo anno di corso della specializzazione, se non si rientra nel percorso universitario di laurea abilitante.
No, assolutamente. Il o i colloqui di orientamento, perché una stessa persona ne può anche richiedere più di uno, sono dei momenti di confronto sul modello, sulla possibile difficoltà di individuare una scuola, quindi hanno la finalità di mettere la persona nelle migliori condizioni di scegliere il modello terapeutico più comodo da indossare e utilizzare, senza alcun vincolo per l’iscrizione.
La terapia strategica è breve perché, utilizzando soprattutto una prospettiva sistemica, non ritiene più determinante per il cambiamento risalire alla causa del problema e la rielaborazione di tutto quello che è successo; ma, individuando che cosa la persona e il sistema hanno fatto fino a quel momento per risolvere il problema, arrestare questo circolo vizioso e introdurre dei cambiamenti agendo nel presente. Per questo motivo un intervento terapeutico può essere breve. Infatti i ricercatori della scuola di palo Alto, da cui origina in parte il modello strategico, sostenevano che “prima si cambia poi si consapevolizza su che cosa ha permesso il cambiamento”. Successivamente alla risoluzione del sintomo, il modello del CIPPS, essendo anche un modello integrato, per rinforzare il cambiamento e prevenire ricadute nella persona, lavora anche da un punto di vista psicodinamico sulle relazioni familiari e ,se la persona lo vuole, sulla propria storia passata per comprendere meglio da dove si è originato il disagio.
Strategico-Neuroscientifico significa che tutto ciò che caratterizza l’approccio strategico, come le strategie e le tecniche utilizzate, il modo di comunicare con la persona, il tipo di intervento terapeutico individuato vengono supportati e spiegati dalle scoperte in ambito neuroscientifico; per esempio, le conoscenze sui neuroni specchio vengono utilizzate per migliorare la creazione di una relazione efficace con il paziente. Inoltre l’approccio strategico utilizza le conoscenze sul funzionamento dei due emisferi su come mente e corpo comunicano tra di loro, anche per utilizzare tecniche che vedono il corpo protagonista in terapia. Nei primi due anni di corso gli allievi frequentano il modulo di neuroscienze che dal terzo anno diventa il modulo di Genomica Psicosociale e Culturale, all’interno del quale si studia e si esperisce la comunicazione mente-corpo.
L’approccio strategico è stato portato in Europa grazie all’opera di Giorgio Nardone e le scuole strategiche utilizzano tutti gli studi sul Problem Solving Strategico, sulla comunicazione paradossale e le logiche del sintomo del professore Nardone. Il CIPPS di Salerno oltre ad integrare queste caratteristiche, e utilizzare anche gli altri contributi che hanno dato origine all’approccio strategico, come quelli di Bateson, vuole recuperare l’essenza più profonda del lavoro di Milton Erickson da cui nascono molte tecniche strategiche. Ma Erickson utilizzava anche la propria emotività, l’inconscio creativo e il transfert e controtransfert in terapia. Per questo il CIPPS è un approccio integrato, in cui, oltre al lavoro sul sintomo, c’è un lavoro sulla relazione, intesa e letta a volte a anche in termini psicodinamici, sull’utilizzo dell’emotività del terapeuta, sull’utilizzo anche di tecniche di altri approcci se possono essere utili alla persona, nell’ottica di un approccio strategico neuroscientifico che potremmo anche definire responsivo alla persona che in quel momento è in terapia; di conseguenza non sempre la terapia è “breve”.
No, possiamo dire che nessuna lezione è solo teorica; in ogni modulo sono previste attività pratiche, lavori esperienziali per poter vivere su di se ciò che si sta studiando, ma soprattutto praticare la costruzione di relazioni efficaci dato che le più moderne ricerche sull’efficacia in psicoterapia dimostrano che prima dell’approccio ciò che cura è la relazione.
Il modello del CIPPS, all’interno della prospettiva sistemica, si fonda sull’integrazione dei diversi focus delle terapie strategicamente orientate ( soluzioni, obiettivi, risorse, problema ), con le neuroscienze e l’epigenetica. Il modello, che risulta essere flessibile nell’adattare la terapia ad ogni persona e alle sue esigenze, ai cambiamenti della società, mira a mettere l’individuonelle migliori condizioni di evolversi e cambiare; di conseguenza , nell’ottica di una preziosa flessibilità metodologica, approfondisce i principi e le tecniche degli approcci umanistico-esistenziale, gestaltico, psicodinamico e sistemico-relazionale.
E’ un approccio flessibile nel senso che , durante i 4 anni di corso, si studia e ci si allena su come individuare per ogni persona la terapia specifica, considerando gli insegnamenti di Milton Erickson per cui non esistevano mai due terapia uguali.
Questa è la classica domanda per cui l’approccio del CIPPS risponderebbe che dipende da chi c’è in quel momento di fronte a noi; detto questo, bisogna fare delle valutazioni in base alla diagnosi strategica dei primi colloqui, se il paziente è collaborativo, se e come l’attacco di panico è invalidante, da quanto tempo si manifesta, per poi individuare un approccio diretto o indiretto sull’attacco di panico. Se il sintomo è invalidante e la persona necessita di un intervento diretto, l’approccio strategico utilizza tecniche e prescrizioni in cui, utilizzando il sintomo, si mette la persona nelle condizioni, a volte non consapevoli, di vivere una esperienza emozionale correttiva per farla rendere conto che può superare o ha già superato quel limite. Invece in una modalità indiretta sull’attacco di panico, si può lavorare sul conflitto o sulle cause che hanno portato la persona a sviluppare quella sintomatologia. Soprattutto per questa modalità indiretta il CIPPS risulta essere un approccio integrato.
E’ una bellissima domanda, che richiederebbe tanti approfondimenti, anche perché anche in questa risposta si può individuare l’integrazione del modello CIPPS. Di base non c’è una problematica che l’approccio strategico neuroscientifico non può affrontare: dipende dalla persona che si trova in quel momento in terapia, motivazione, livello di disagio, ma anche dal terapeuta, ovvero in quale fase della propria vita si trova , quante energie ha, quanto ha lavorato nella propria terapia; ci sono disturbi che richiedono anche tanta attivazione nel terapeuta o disturbi che possono toccare questioni irrisolte nel terapeuta e quindi metterlo in difficoltà. Per questo la risposta a questa domanda include diverse riflessioni. Nello stesso tempo di fronte a disturbi gravi, disturbi psicotici o dipendenze strutturate occorre fare un’attenta valutazione e soprattutto fare una psicoterapia nel momentoincuic’èuna buonacompensazionefarmacologica.
Il colloquio di orientamento è strutturato attraverso delle domande iniziali che possono riguardare l’approfondimento di alcuni contenuti emersi durante l’open day, relativi, per esempio, all’approfondimento del modello; altre domande possono riguardare come si è venuti a conoscenza del modello strategico neuroscientifico, che cosa, dell’approccio terapeutico, può aver catturato l’attenzione della persona . Nello stesso tempo il colloquio di orientamento è un momento caratterizzato da un confronto aperto in cui il direttore didattico e la persona interessata approfondiscono il “sentire” se questa scuola si può sposare con le caratteristiche di personalità e con gli interessi professionali di chi sta svolgendo in quel momento il colloquio.
